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Dove nascono le grandi idee

Le grandi idee non nascono nei laboratori, ma vicino alla macchinetta del caffè...

Per l’autore lo strumento più produttivo per la generazione di buone idee resta la cerchia di essere umani, riuniti intorno ad un tavolo a parlare del proprio lavoro

L’innovazione è un tema di straordinaria attualità: siamo tutti ormai consapevoli dell’importanza che l’innovazione riveste nel miglioramento della competitività delle aziende e in generale della qualità della vita.
Il movimento delle start-up si muove intorno a questo concetto, ma non possiamo dimenticare come le grandi aziende della new economy abbiamo costruito il proprio successo grazie ad idee straordinariamente innovative.
Il libro di Steven Johnson analizza il modo in cui le idee nascono e si sviluppano.
Nell’immaginario collettivo le grandi innovazioni nascono da colpi di genio individuali, quando un’intelligenza fuori dalla norma s’imbatte in un’idea destinata a rivoluzionare un’intera cultura.
Al contrario sono proprio gli spazi aperti e le piattaforme condivise ad accrescere la creatività e la redditività delle persone che vi operano. È in questo tipo di contesto – si tratti delle capitali italiane del Rinascimento o del World Wide Web – che sono venute alla luce le grandi invenzioni, come il risultato di percorsi convergenti e condivisi, anche inconsapevolmente, e mai come il frutto di un’avventura solitaria.
Quello che accade è che prendiamo idee ereditate o in cui siamo inciampati e le ricombiniamo in qualcosa di nuovo, tenendo conto dei limiti imposti dalla disponibilità di materiali e competenze nell’ambiente circostante.
E’ interessante il concetto di “adiacente possibile”:” L’adiacente possibile è una sorta di futuro ombra, che aleggia ai margini dello stato attuale delle cose, come una mappa di tutti i mondi possibili, in cui il presente potrebbe reinventarsi”.
L’autore affronta anche il tema delle modalità e dei luoghi più propizi a favorire lo sviluppo delle idee innovative: e qui, fra gli altri, parla anche dell’ambiente ufficio.
Ufficio Fabbrica creativa”, “Ufficio Fabbrica delle Idee”, “Ufficio Collaborativo”, “Benessere in ufficio” sono concetti che si stanno diffondendo nel nostro ambiente, ma è la prima volta che mi capita di imbattermi in quest’argomento in un libro che affronta in modo scientifico il tema dell’innovazione e che può darci interessanti spunti per rinnovare l’ambiente ufficio con l’obiettivo di farlo diventare un prolifico “brodo di coltura”.
L’autore parte da uno studio dello psicologo Kevin Dunbar, Professore alla “University of Maryland College Park”, che decise di studiare direttamente sul campo l’operato di un team di ricercatori. La scoperta sorprendente fu che il luogo fisico dove si verificavano le innovazioni più significative non era, come sarebbe lecito aspettarsi, il laboratorio, ma il Tavolo da Riunione, vicino al quale il team dei ricercatori si riuniva per discutere in modo informale sui propri risultati.
“ L’ambiente collettivo contribuiva a ricontestualizzare i propri problemi perché le domande poste dai ricercatori costringevano i colleghi a ripensare i propri esperimenti…… Lo strumento più produttivo per la generazione di buone idee resta la cerchia di essere umani, riuniti intorno ad un tavolo a parlare del proprio lavoro.”
L’architettura fisica dell’ambiente di lavoro esercita un effetto rivoluzionario sulla qualità delle nostre idee. Le aziende dell’era digitale non congelano la rete liquida isolando le persone dentro uffici privati chiusi a chiave, ma progettano le proprie sedi intorno a spazi comuni che permettono contatti e scambi tra dipartimenti senza bisogno di pianificazione formale.
Secondo l’autore anche le disposizioni open-space sembrano recentemente passate di moda, e per un motivo molto convincente: ai dipendenti non piacciono. Lavorare in open-space significa trovarsi costantemente in pubblico, una condizione che presenta tanti deterrenti quanto lavorare al chiuso del proprio ufficio individuale
Per questi motivi , anche negli uffici tradizionali è necessario costruire ambienti di lavoro che favoriscano le reti liquide, caratterizzati da un nuovo equilibrio tra ordine e caos.
L’esempio ci è dato dai nuovi uffici Microsoft, inaugurati a Redmond nel Novembre 2007 : il Building 99.
“Il Building 99 è stato costruito appositamente per potersi reinventare in funzione del flusso imprevedibile di collaborazioni e ispirazioni: tutti gli spazi di lavoro sono modulari, con pareti facilmente riconfigurabili per corrispondere alle esigenze dei dipendenti. Sale più grandi, dette situation room ( o di riunione provvisoria) ospitano i gruppi impegnati nei progetti di alta priorità, con un misto di postazioni di lavoro individuali, tavoli comuni e divani. Quasi tutte le pareti sono in realtà lavagne lavabili, così se l’ispirazione vi coglie mentre andate in bagno, potete appuntare rapidamente un’idea, che sarà sotto gli occhi dei vostri colleghi. Il tradizionale vano appartato con distributore del caffè e frigorifero è stato sostituito da stazioni di incontro aperte, dove i dipendenti si riuniscono per scambiare idee o pettegolezzi. In un certo senso Clarkson ( Martha Clarkson, designer della Microsoft) ha costruito prima la macchinetta del caffè,….e poi ci ha progettato intorno l’edificio….”
Secondo Steven Johnson i futuri ambienti di lavoro dovranno lasciarsi alle spalle le torri d’avorio dell’Homo Burocraticus, con i loro cubicoli anonimi.
Le sale riunioni, i punti di incontro informali, le zone bar, i tavoli condivisi, le stanze che si allargano e si contraggono, saranno i luoghi centrali per far “ collidere le idee”, e produrre così un flusso costante di innovazioni.
Per esplorare l’adiacente possibile spesso basta aprire una porta: ma a volte bisogna spostare un muro.
Consigliato vivamente a chi crede che l’ufficio possa divenire il luogo fisico dell’innovazione…. anche in Italia!
Silvio Rispo